Un antico villaggio
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Santuario della Madonna della Carità
Le notizie sono tratte dal libro "Il Santuario della Madonna della
Carità" di Pasquale Moschiano
Un antico villaggio:
Che la storia si faccia sulla scorta di documenti e di rinvenimento
è cosa evidente; ma talvolta, anche una testimonianza, pur priva di
ufficialità, ha tuttavia un non trascurabile valore. Essa servirà almeno
come elemento orientativo per ulteriori ricerche.
E' il caso del nostro santuario della Madonna della Carità di cui
ignoriamo l'origine, cioè l'epoca esatta della sua prima edificazione.
E' certo, altresì, che non tutti i santuari sorgono per circostanze
miracolose. Non tutti sono destinati ad essere famosi come Lourdes o
come Fatima, purtroppo però, quasi tutti i nostri santuari, a sentire le
tradizioni popolari locali, sarebbero sorti in seguito ad apparizioni di
esseri divini che chiedevano l'edificazione d'un tempio sul luogo dove
si erano rivelati alle solite pastorelle.
Le sacre leggende antiche, soffuse di mistica poesia, sono senz'altro
affascinanti e capaci di rapire la fantasia dei popoli per condurli
sognanti nel mondo del mito. Questo accade di solito quando molti secoli
sono già passati su d'un fatto per cui la realtà si fa pian piano
evanescente fino a confondersi tra le fole d'un sogno. Quando però
l'umanità si attacca ai miti per credere, è come colui che non ha
volontà capace e bastante di spingersi alla ricerca del vero.
Partiamo dalla realtà e lasciamoci guidare da essa finchè è possibile.
Verso la fine del secolo scorso, come spesso ci hanno riferito alcune
persone di rispettabile età e degne di fede, un eremita della carità,
Fortunato Sirignato soprannominato « pagliettone » avrebbe eseguito
degli scavi molto profondi, nelle vicinanze della chiesa della Madonna
della Carità. Da questi scavi sarebbero emersi fondamenta di caseggiati,
utensili di cucina, anfore, cocci di terracotta e pavimenti rustici sui
quali si distendevano e si infiltravano le radici di già secolari
castagni abbattuti in quegli anni. Poco lontano dalla chiesa, invece,
nella zona detta « Chiana » attualmente proprietà Dalia, furono
rinvenute, circa ottant'anni fa, delle antiche sepolture in mattoni
rossi tra loro incastonati e perciò smontabili. Riteniamo senz'altro che
si trattasse di sepolture di età pagana in quanto contenevano, oltre
alle ossa dei defunti, anche qualche tipico oggetto che costituiva il
corredo funebre: patere, lucerne.. buccheri ecc. Queste sepolture furono
scoperte da un operaio che scavava fosse per piantarvi noccioli, un
certo Ferdinando Santaniello e alla presenza di Domenico Moschiano
allora amministratore del fondo Dalia.
La presenza di questi reperti, stando naturalmente a quanto ci è stato
descritto, convaliderebbe l'idea che lassù possa esserci stato, in un
epoca molto lontana, un villaggio. Nulla di strano.
In antico si preferiva costruire sulle alture piuttosto che a valle. E
alla nostra collina della Carità non mancavano certo le necessarie
condizioni perchè vi potesse sorgere un nucleo abitato. La presenza
delle sorgenti d'acqua, l'amenità del sito, la suggestiva visione del
paesaggio che si spazia sui paesi del Vallo di Lauro e che si sperde
lontano fino a Napoli, la vista del Vesuvio, allora fumante e la
posizione in un certo modo strategica, naturale difesa da eventuali
attacchi, sono gli elementi che convalidano le nostre supposizioni. Se,
dunque, lassù vi fu un villaggio, è naturale che i suoi abitanti, fra
tanti bisogni, sentissero anche quello della religione e vi edificarono
un tempietto per adorarvi un idolo o una divinità.
Ma siamo propensi a credere che già in tempo di paganesimo vi fosse un
abitato, proprio per la presenza di tombe pagane cui è stato fatto cenno
innanzi; e che la prima divinità di quel villaggio sorto in collina
fosse stato proprio un idolo pagano adorato in un rustico tempietto come
nume della montagna. Si può ancora supporre che tale villaggio fosse
stato in seguito abbandonato per ragioni di sicurezza o per avvenimenti
tellurici e che col tempo andasse in rovina fino a perdersene il
ricordo. E' probabile che quelle stesse genti del monte si stanziassero
più a valle dando origine ad un nuovo nucleo abitato nella zona
attualmente detta «Cantero ». Tale nucleo si sarebbe esteso col tempo
verso il « Pestiello » che costituisce tuttora la parte più antica di
Moschiano. Anche nella zona del Cantero, infatti, sono state spesso
rinvenute delle secolari sepolture, fondamenta di abitazioni, qualche
moneta romana come quella dell'imperatore Vespasiano (1), mai però la
sopraintendenza alle antichità è stata informata di questi rinvenimento.
Passarono gli anni, anzi i secoli. Ad una civiltà ormai scomparsa e
sepolta ne successe un'altra, nuova e con idee diverse. Lassù, sui
ruderi affogati dai rovi, sulle fondamenta che le radici degli alberi
incatenavano come tentacoli, cadde l'oblio. Sotto le erbe, soffocato da
parecchi palmi di terra sempre crescente, trascinata dalle piogge,
giaceva un piccolo mondo pagano, mentre il Cristianesimo aveva già
sostituito agli idoli le sue divinità.
Il mondo continuava il suo cammino. Si giunse nel medioevo e il
sentimento religioso, inculcato dal Cristianesimo, aveva messo radici
profonde, anzi, per certi aspetti, nel concetto popolare, degenerò in
fanatismo, in superstizione. Fiorivano ovunque leggende sacre, si
moltiplicavano i visionari e i profeti, si credeva nelle apparizioni di
esseri divini con indiscussa fede. In questo clima di fede e di fantasia
insieme, va collocata la leggenda della pastorella.
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(1) E' una moneta alquanto corrosa dal tempo e dalla ruggine su cui si
leggono le seguenti lettere: « IMP. CAES. VESPAS AUG - abbreviazioni di
Imperator Caesar Vespasianus Augustus, vissuto dal 9 al 79 d.C. Il
diametro è di 3 cm., lo spessore, come quello di due nostre monete da
100 sovrapposte. Su d'una faccia è ben visibile la testa dell'imperatore
molto somigliante a quella tramandataci dalla iconografia antica, sul
rovescio si nota un personaggio seduto a qualche segno indecifrabile. |