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La facciata

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Il restauro

Santuario della Madonna della Carità

Le notizie sono tratte dal libro "Il Santuario della Madonna della Carità" di Pasquale Moschiano

La facciata, la porta e i dipinti del Santuario:
L'incoronazione della Madonna aveva certamente conferito più lustro al Santuario, perciò i Moschianesi decisero all'inizio del nostro secolo di renderlo più decoroso rinnovandone l'aspetto artistico.
Fu dato incarico all'ingegnere Raffaele D'Angerio di Nola di redigere il progetto che la commissione, proposta ai lavori, accolse favorevolmente, ma che non venne integralmente eseguito per mancanza di fondi.
Esso prevedeva la chiesa al centro di due torrette da due piani ciascuna con finestroni, balaustre ed altri elementi decorativi.
Nell'insieme si nota una evidente linea neoclassica, sobria ed elegante, resa ancora più distinta e monumentale dalla facciata in pietra bianca. Del progetto D'Angerio furono appunto eseguiti la facciata della chiesa e il prolungamento di essa di circa 10 metri avanzante sul sagrato.
Fu adoperata la pietra bianca delle pietraie dei dintorni della Carità e lavorata da alcuni scalpellini di S. Paolo Belsito, mastro Antonio e Mastro Leonardo Vecchione. La facciata è racchiusa fra quattro ordini di blocchi di pietra sovrapposti, leggermente scorgenti in avanti, che danno l'idea di colonne, sormontate da capitelli di ferro.
Su queste poggia un fregio con un ampio frontone sui cui spigoli si levano due elementi decorativi a guisa di colonnine e al centro un terzo elemento che fa da basamento alla croce.
Sull'architrave del portale sporge un arco a mezza luna spezzato in alto; poco più su, una graziosa cornice circolare, anch'essa in pietra, racchiude un dipinto della Madonna su intonaco.
Questa facciata non poteva non avere una porta adeguata che si intonasse armonicamente entro un arco piatto anche esso della stessa pietra bianca.
La porta venne costruita nel 1909 da 2 artisti del paese Domenico ed Alberico Dalia, padre e figlio che emigrarono poi in America.
Diresse i lavori d'intaglio e ne ideò scene e decorazioni Corrado Mastropasqua da Nola, abile intagliatore da molti definito « il cesellatore del legno ». Di lui si conservano diverse opere in varie chiese dell'agro nolano, come il pulpito della chiesa di Saviano e molta mobilia pregiata in case private.
La nostra porta si compone di due grandi formelle verticali che raffigurano due scene in rilievo. Nell'una si ammira l'apparizione della Madonna alla pastorella, nell'altra la processione di Clero e popolo che si avvia alla Carità.
Si notano, nell'opera, degli ottimi effetti prospettici ed una buona inquadratura scenica. I vari elementi figurativi: persone, alberi, ed animali, sono armonicamente fusi conferendo all'insieme un buon effetto di sintesi artistica. Due teste di angeli, racchiuse tra decorazioni floreali, e l'intaglio delle grandi e piccole cornici dei due battenti, completano una delle più belle opere del nostro Santuario.
Verso il 1920 furono dipinte le tele. Quella grande domina il centro del soffitto, l'altra è più prossima all'arco della volta dell'altare. Furono eseguite da Arneri, pittore di scuola Napoletana.
La tela centrale è divisa in tre sezioni: in alto è rappresentato il gruppo della Trinità, al centro la Madonna che si libra nel cielo tra serti di fiori, in basso è riprodotto un gruppo di popolani col parroco. Sono figure prese dal, vero tra persone moschianesi che in quei giorni si recavano al Santuario. Vi si notano, tra gli altri, il vecchio eremita dalla fluente barba che indossa il caratteristico saio bianco ed un fante in grigio verde, reduce dal fronte.
Ouest'ultimo particolare ci ricorda appunto che l'opera fu eseguita all'indomani della prima guerra mondiale. Allo sfondo del quadro, condotto con efficacia artistica, è raffigurata la chiesa della Carità.
La tela più piccola genera una certa armonia distensiva e pacata: è una scena pastorale. Un bosco, delle pecore, un bue ed una pastorella che riceve un pane dalla Madonna.
Lo stile, il soggetto, la tonalità coloristica ci conducono in un mondo arcadico non privo di poesia.