Un antico villaggio
La leggenda
Oltre la leggenda
I primi documenti
Testimonianze
L'Incoronazione
La facciata
Il furto della corona
Il restauro |
Santuario della Madonna della Carità
Le notizie sono tratte dal libro "Il Santuario della Madonna della
Carità" di Pasquale Moschiano
Oltre la leggenda:
Che cosa potrebbe essere di vero in tutto ciò, se noi escludiamo
l'apparizione alla quale molti non credono, non per pregiudizio, ma per
mancanza di fonti storiche e di una ufficiale conferma negli annali
della chiesa? Vi è tuttavia un probabile elemento storico intorno al
quale si è facilmente potuto intessere la leggenda, e cioè il
ritrovamento di una immagine. Non è improbabile, dunque , che una
pastorella, nel condurre al pascolo le pecore, abbia scoperto tra i
ruderi di quei caseggiati antichi, nascosti tra rovi ed erbe incolte
qualche simulacro, segno della religione delle antiche popolazioni del
colle. Tale rinvenimento fu ritenuto segno divino dalla buona e semplice
gente dell'antica Moschiano, abitata forse, a quel tempo,
prevalentemente da pastori e contadini. Questi tramandarono di padre in
figlio l'episodio della pastorella il quale, attraverso i secoli,
dovette certamente subire delle alterazioni che trasformarono, o meglio
adornarono di fantasia un fatto possibile e reale. Lo stesso storico
Remondini nella sua « nolana ecclesiastica storia » pubblicata nel 1757,
accennando al nostro santuario non parla affatto di apparizione, ma del
ritrovamento di una statua. Scrive testualmente così « è tradizione
certissima in questo paese (Moschiano), anche da qualche scrittore
autenticata, che questa statua rinvenuta fosse portentosamente al tempo
dei Conti di Nola da una fanciulla che colà portavasi a pascere un
agnello, ed un giorno
questo seguitando che fuggito l'era avuta avesse la bella ventura
di scoprirla e di udire una voce, che le impose di farne subitamente
consapevole il suo parroco ». La fanciulla, dunque, trovò una statua,
che poi abbia sentita una voce fa parte d'un altro discorso. Ci
meraviglia però come il Remondini non ci abbia indicato nè lo scrittore
che prima di lui trattò queste cose nè l'opera da cui egli attinse.
Altra lacuna consiste nel non avere indicato l'epoca del ritrovamento
con una certa esattezza. Si limita a dire che ciò sarebbe accaduto « al
tempo dei Conti di Nola », definizione piuttosto vaga, perchè la contea
di Nola fu costituita da Carlo 1 D'Angiò nel sec. XIII ed ebbe fine
nell'anno 1529 con Enrico Orsini. Ebbe, dunque, una durata di circa
quattro secoli, a quale di questi allude il Remondini? - Non si sa.
Stando sempre al suo racconto, sarebbe sorta subito una cappella
sul luogo del ritrovamento « ... e perciò vi fu subito eretta una
cappella, che ben presto per li molti miracoli che si compiacque di
operarvi (la Madonna) con la quantità dei voti che offerti le furono e
delle limosine che si raccolsero fu ridotta in una chiesa ben'adorna e
che fu poi di molte indulgenze arricchita » (1).
Dopo questo ritrovamento i nostri antenati furono invasi da tanto
fervore, da tant'ansia di costruire che ben presto reperirono i fondi
con pubbliche sottoscrizioni ed innalzarono subito una cappella.
Sarà stata una rustica cappella costruita da qualche artigiano
aiutato da contadini i quali utilizzarono in parte materiali reperiti in
mezzo ai ruderi delle antiche costruzioni che lassù si trovavano.
Cominciò allora il primo movimento dei moschianesi verso la
Carità, ove si recavano non soltanto per ragioni di coltivazioni o per
condurre le pecore al pascolo, ma per visitare la Madonna, per
confidarle le proprie ansie, le pene, per sentire il sollievo della
propria anima e la pace dello spirito.
Il culto cresceva sempre più e con esso gli ex voti e le offerte
dei devoti che consentirono ai moschianesi di ampliare ed abbellire la
cappella, di trasformarla in una chiesa molto più decorosa e bella.
All'epoca in cui Remondini pubblicava la sua opera (prima metà del 1700)
sulla Carità c'era già una chiesa, ma la costruzione della cappella
originaria andrebbe collocata poco dopo il rinvenimento del simulacro.
________________________________________________________________________________
(1) Remondini: opera citata - tomo I p. 320. |